I disturbi alimentari non hanno forma e non hanno genere: un cambio di paradigma necessario

Disturbi Alimentari Approccio AIPS

I disturbi alimentari sono spesso rappresentati in modo distorto: l’immaginario collettivo li associa prevalentemente a giovani donne bianche, magre e di classe media o alta. Questo stereotipo non è casuale, ma il risultato di una lunga storia di esclusione e marginalizzazione. I dati scientifici, tuttavia, raccontano una realtà ben diversa: i disturbi alimentari riguardano persone di ogni corpo, genere, razza e classe sociale, ma non tutte ricevono la stessa attenzione mediatica o clinica. È tempo di ripensare agli approcci classici sui disturbi alimentari ed adottare una prospettiva intersezionale che metta al centro la persona attraverso la  giustizia sociale e la fat liberation.

Uno sguardo intersezionale sui disturbi alimentari

Un paradigma intersezionale permette di riconoscere che i disturbi alimentari non sono solo il risultato di fattori individuali e familiari, ma si radicano in strutture di potere ed oppressione. Storicamente, le persone magre, bianche e appartenenti a classi privilegiate sono state le uniche riconosciute come pazientə meritevoli di cure. Questo ha escluso sistematicamente le persone razzializzate, le persone grasse, le persone trans e tutti i corpi considerati non conformi, contribuendo alla loro invisibilizzazione nei percorsi di cura (Strings, 2019; Bacon, 2010).

Il peso della grassofobia nella diagnosi e nel trattamento

Un aspetto centrale della questione è la grassofobia medica. Le persone grasse con disturbi alimentari spesso non vengono riconosciute come tali, perché la perdita di peso in corpi grassi viene incoraggiata piuttosto che vista come un segnale di malattia. Questo porta ad una sottodiagnosi e mancanza di accesso ai trattamenti, con conseguenze devastanti sulla salute fisica e mentale (Harrison, 2019). Per i Disturbi Alimentari sappiamo, infatti, quanto l’importanza di un’identificazione precoce e di un breve periodo di malattia non trattata siano fondamentali per migliorarne la prognosi. Inoltre, l’associazione tra peso e salute in un’ottica biomedica riduzionista porta molte persone a sviluppare e mantenere comportamenti alimentari disfunzionali sotto la guida di professionisti che perpetuano l’idea che il dimagrimento sia sempre positivo.

Oltre il binarismo di genere: i disturbi alimentari e le identità marginalizzate

I disturbi alimentari non hanno genere, eppure la narrazione dominante continua a escludere le persone trans e non binarie dalle ricerche e dai trattamenti. Studi recenti dimostrano che le persone transgender hanno una prevalenza più alta di disturbi alimentari rispetto alla popolazione cisgender, spesso a causa della disforia, della pressione sociale a conformarsi agli standard estetici cisnormativi e della discriminazione sistemica (Diemer et al., 2015). Nonostante questo, i protocolli di cura rimangono pensati per un pubblico cisnormativo, lasciando le persone trans prive di supporti adeguati.

Ripensare la cura: dall’accessibilità all’inclusività

Affrontare i disturbi alimentari in un’ottica intersezionale significa smantellare i sistemi di oppressione che ne favoriscono l’insorgenza e la perpetuazione. Questo implica:

  • Formare il personale sanitario su approcci inclusivi al peso e alla salute (AIPS®), che non perpetuino la grassofobia e non patologizzino i corpi marginalizzati.

  • Svincolare il trattamento dal BMI e da altre metriche obsolete che non riflettono la complessità della salute.

  • Includere nei percorsi di cura prospettive femministe e antirazziste, riconoscendo come il sessismo, il razzismo e la transfobia influiscano sulla salute mentale e sui comportamenti alimentari.

Conclusione: un cambiamento necessario

I disturbi alimentari sono una questione politica e sociale, non solo clinica. Per garantire un accesso equo alle cure, dobbiamo abbandonare lo sguardo riduttivo che li lega esclusivamente a corpi magri e bianchi e adottare un approccio che tenga conto delle molteplici oppressioni che influenzano la salute. La fat liberation, il femminismo intersezionale e le evidenze scientifiche devono guidare questo cambiamento, per costruire un sistema più equo e realmente inclusivo.

Fonti citate:

  • Bacon, L. (2010). Health at Every Size: The Surprising Truth About Your Weight.

  • Diemer, E. W., et al. (2015). Gender Identity, Sexual Orientation, and Eating-Related Pathology in a National Sample of College Students. Journal of Adolescent Health.

  • Harrison, C. (2019). The Eating Instinct: Food Culture, Body Image, and Guilt in America.

  • Strings, S. (2019). Fearing the Black Body: The Racial Origins of Fat Phobia.